Intervista al professor Federico Rupi (1 parte)
Andrea Boschiero intervista Federico Rupi, ingegnere e docente di pianificazione dei trasporti all’Università di Bologna.
Professore, lei si occupa principalmente di ciclomobilità. Come si sta evolvendo nel Comune di Bologna?
Io credo si stia evolvendo positivamente, in particolare dal 2009 al 2018. C’è stato un incremento ragionato della lunghezza delle piste ciclabili per abitante, dico “ragionato” perché molto spesso la lunghezza delle piste è un indicatore un po’ fuorviante, in alcuni casi si realizzano laddove servono a nulla. Invece devo dire che nel comune di Bologna c’è stato un intervento sempre mirato ad aumentare la connettività. Questo è un aspetto fondamentale se vogliamo realizzare una rete efficiente perché il ciclista ha bisogno di percorsi che siano il più possibile diretti, se deve fare delle eccessive deviazioni rispetto al tragitto più breve non verrà utilizzata la pista ciclabile.
Bisogna cercare di capire dove intervenire, più che intervenire per costruire delle piste ciclabili. E questo è strettamente legato al monitoraggio dei flussi, un’attività che il mio dipartimento, il DICAM della scuola di ingegneria e architettura, sta conducendo ormai ogni anno con il Comune di Bologna proprio allo scopo di monitorare i flussi dei ciclisti sulle principali sezioni.
È importantissimo capire quanti ciclisti utilizzano determinate strade piuttosto che altre, quanti vanno sulle piste ciclabili e quanti invece vanno sulla carreggiata stradale adiacente. È un’informazione importante di cui pochi comuni dispongono in maniera così sistematica e continuativa in Italia.
Come funziona il monitoraggio?
È un’attività questa che dura circa un mese, vengono fatti dei rilievi sia manualmente che con degli strumenti che misurano in continuo, 24 ore su 24, i flussi di ciclisti sulle piste ciclabili. Si ha così un quadro sufficientemente esaustivo della situazione sulla rete comunale di Bologna, considerando sia delle strade su cui la pista ciclabile è presente, che le strade dove non è presente.
Ecco, a fronte di un incremento del 45% di chilometri per abitante nel comune di Bologna dal 2009 al 2018, quindi circa 10 anni, si è registrato un incremento dei flussi misurati del 75%. Quindi c’è stata una crescita più che proporzionale dei flussi di questi all’aumentare della dotazione infrastrutturale per i ciclisti stessi. Un 45% di pista ciclabile in più per un aumento del 75% di utilizzo della bici.
Fondamentalmente vuol dire che le persone utilizzano la bici in proporzione vicina al 10% nei periodi di punta, sto parlando diciamo dalle 8 alle 10 la mattina e dalle 16:30 alle 17:30 del pomeriggio. Ormai è un risultato secondo me acquisito, una volta si diceva che gli spostamenti in bicicletta fossero una quota residuale, insomma il 10% mi sembra tutt’altro che una quota residuale. Teniamo presente che In molti casi sono spostamenti che possono avvenire anche con mezzi motorizzati. Adesso questo discorso estremamente problematico della gestione del covid-19, uno dei problemi principali è legato purtroppo al fatto che non si riesce a mantenere un distanziamento adeguato anche a bordo dei mezzi pubblici, sebbene questi siano molto meno carichi rispetto a quello che avveniva in passato.
Mi ha parlato di un incremento del 75%, più che proporzionale. Quali sono gli altri fattori che hanno influenzato e che andranno affrontati in futuro per garantire un ulteriore aumento nell’utilizzo della bici?
Sicuramente c’è stato, come detto, un aumento della dotazione infrastrutturale, questo è innegabile. Con un aumento, ripeto, della connettività, cioè la rete è risultata sempre più connessa, quindi un percorso ciclabile è un percorso che non è, diciamo, una corsa ad ostacoli; la continuità dei percorsi è un elemento fondamentale.
Altro fattore importante che ha contribuito in passato negli ultimissimi anni è stato il Bike Sharing; anche questo è stato un aspetto che ha avviato, che ha consolidato un certo processo che era già in atto, però ha dato una spinta perché il fatto di provare a usare la bicicletta e rendersi conto dei benefici che in effetti esistono, è un elemento secondo me molto importante.
Quindi vuole dire che il bike sharing ha avvicinato persone che non contemplavano l’utilizzo della bicicletta prima?
Assolutamente sì. Poi è chiaro che adesso sta avendo qualche problema, sicuramente ci sono atti di vandalismo che hanno sicuramente creato delle difficoltà che non sono veramente specifiche della sola città di Bologna, purtroppo è una situazione presente in tante altre realtà europee. Però certamente il fatto di avere un mezzo a disposizione senza la paura del furto della bicicletta, quello è un elemento su cui si può ancora continuare a lavorare. Perché la paura del furto è comunque presente, io la uso tutti i giorni, faccio il pendolare con Firenze ma insegno a Bologna. Arrivato alla stazione prendo la bicicletta che lascio nel parcheggio della stazione, mi dicono tutti quanti che non dovrei perchè me la ruberanno, in realtà c’è un grande parcheggio dove, io dico, è un po’ un effetto pinguino. Insomma la bicicletta è in mezzo a tutte le altre, certo non è particolarmente attraente, fatto sta che la trovo
Però il problema è che devo anche necessariamente avere una bici vecchia, altrimenti dovrei pagarmi un parcheggio privato. Si potrebbe fare qualcosa per questo problema?
Assolutamente sì, anche quel parcheggio dove io lascio la bicicletta adesso è stato molto illuminato, ci sono dei lampioni che coprono bene l’area. Quindi sicuramente si può fare qualcosa per cercare di contrastare questo fenomeno che è sicuramente un elemento di distrazione dalla bicicletta, è innegabile.
In realtà in Olanda ci sono anche dei sistemi, dei colleghi olandesi mi parlavano del fatto che questi parcheggi fossero sostanzialmente gratuiti nel momento in cui uno non supera le 24 ore di parcheggio di sosta. Sono dei parcheggi molto più sicuri, molto più protetti, quindi fino a un giorno la sosta è sostanzialmente gratuita, dopodiché scattano delle delle tariffe. È chiaro che ci sono delle situazioni che sicuramente possono essere migliorate.
La marchiatura delle biciclette non ha dato i risultati sperati, sono comunque tutti tentativi che indubbiamente le amministrazioni devono cercare di mettere in campo per dare ai cittadini l’indicazione che il ciclista è un elemento che viene preso in considerazione in maniera adeguata. Io sono un ciclista convinto, anche la pioggia e le condizioni meteorologiche influenzano, ma io nello zaino ho una mantella e due calzari che metto quando piove; andare sotto la pioggia e vedere tutto il traffico bloccato e te che vai, sostanzialmente alla tua velocità, è una bella soddisfazione.
Quindi il bike sharing ha permesso di avvicinarsi, anche per provarla, soprattutto per la tariffa iniziale che era veramente ridicola e ha permesso di prendere coscienza di questa bella modalità di trasporto.
Per tornare al bike sharing, oltre al vandalismo quali sono le altre problematiche del servizio?
Indubbiamente il Bike Sharing ha una tariffa alta riferita alle corse singole perché la logica era quella di andare a catturare e consolidare un cliente, sostanzialmente, con l’abbonamento. Poi la cosa fondamentale è che il bike sharing funziona nel momento in cui si ha disposizione un certo numero di veicoli, se questa disponibilità si riduce evidentemente viene meno tutto il meccanismo. Indubbiamente la possibilità di individuare la bicicletta con lo smartphone e prenotarla è un sistema eccezionale, però poi le biciclette ci devono essere e non devono essere danneggiate. Perché è chiaro che una singola esperienza negativa incide molto di più delle venti volte in cui invece tutto quanto ha funzionato perfettamente. C’è un problema di percezione, fondamentale nel campo dei trasporti.
Tenga conto che i trasporti negli Stati Uniti sono inquadrati nelle social sciences perché le scienze sociali e scienze comportamentali sono un aspetto fondamentale, noi possiamo pensare a molti interventi ma poi bisogna vedere come le persone li percepiscono, quello che importa non è la realtà ma ciò che le persone percepiscono della realtà. Quindi se c’è la percezione che le biciclette dello sharing sono tutte rotte, che vai lì e non ti funziona, non ti parte, è chiaro che ci pensi due volte prima di utilizzare il servizio.
Parliamo della sicurezza. Io vivo in Mazzini e sono molto poco soddisfatto della sicurezza dei miei spostamenti perché sono in mezzo alla strada ed è sempre pieno di macchine.
Ci sono due correnti di pensiero, c’è chi sostiene la separazione, che il ciclista deve essere protetto separandolo fisicamente dalle altre correnti veicolari, e io per la verità la penso così; poi invece c’è chi Invece non vuole essere emarginato, il ciclista fa parte del traffico e quindi insiste sull’educazione stradale. Diciamo che questa seconda opzione, è chiaro, In molti casi per la verità è una necessità legata ad una mancanza di spazi che ovviamente abbiamo nelle nostre città storiche. Io però sono assolutamente per la prima soluzione, secondo me anche la tangenziale delle bici, tanto per fare un esempio, anche se presenta tantissime criticità è una cosa buona.
Per il problema della sicurezza, tenga conto che è stato dimostrato, ci sono stati diversi studi in Danimarca e in Olanda, che la sicurezza cresce con i numeri, all’aumento del flussi di ciclisti presenti sulla strada, c’è una maggiore attenzione da parte degli altri guidatori di veicoli motorizzati perché ci si aspetta la presenza del ciclista piuttosto che il caso in cui il ciclista sia una componente sparuta. Questo è un elemento che vale a 360 gradi, per esempio anche le piste ciclabili sul marciapiede sono un problema. Legate in molti casi alla mancanza di spazio, ma che rende veramente problematico l’utilizzo di queste piste laddove il pedone viaggia come un piccione impazzito e si muove a destra e a sinistra. Sappiamo bene come molti ciclisti preferiscono usare la strada adiacente piuttosto che dover fare a zigzag, per la scorrevolezza ma anche per il rischio di incidenti.